La Palombella

(nella foto, la Copertina della prima edizione del libro, non più disponibile.)

 

La Palombella
 
Una contadina di Palombara Sabina e uno dei più grandi scultori francesi dell'Ottocento. Una storia romantica da non sembrar vera, dol­ce come la stagione in cui ebbe inizio, triste come la stagione in cui ebbe termine.
 
Nella seconda metà dell'Ottocento, giungeva a Roma lo scultore francese Jean Baptiste Carpeaux. Vincitore del "Premio Roma 1854", entrava come borsista all’Accademia di Francia.
Jean Baptiste frequentò a Parigi i corsi della Scuola d’Arte. Concorse per tre anni di seguito al Premio Roma che, finalmente, vinse con l’opera intitolata «Ettore». A spese del Governo francese, soggiornò cinque anni a Roma per studiare le opere e l’arte di Michelangelo.
I giorni nelle Gallerie Vaticane furono in­tensi. Ma la vera ispirazione sentiva venirgli dai personaggi della vita reale, dagli uomini arguti, dai vecchi al sole sulla porta di casa, dalle belle donne di Trastevere e non dall’Accademia con i suoi pre­cetti e con i suoi colti allievi.
La romantica storia iniziò a Trastevere, ove molte ragazze di Palombara si recavano per "scacchiare" le vigne. Jean Baptiste fu attratto da una di loro, bella, esile e vivace. Le chiese se volesse posare per lui. Ella accettò. "Come ti chiami?", le domandò Carpeaux. "Barbara Pasquarelli", rispose arrossendo la ragazza. "Ti chiamerò Palombella!", stabilì lo scultore.
 Jean Baptiste era pazzamente innamo­rato di Barbara e scolpì un busto della fanciulla inviato a Parigi come saggio della sua attività di borsista. L’opera trionfò al "Salon".  Un giorno l’avrebbe sposata. Ma Barbara aveva una madre che “si faceva i conti sulle dita” e a Palombara c’era chi avrebbe sposato la figlia subito, un "casarecciotto" , Ber­nardino Palmieri, un po’ an­ziano, ma con gli scudi.
Carpeaux, d’altra parte, attraversava un periodo critico per le difficoltà a realizzare un gruppo plastico d’ispirazione dantesca. Per scolpire "II conte Ugolino", Jean Baptiste aveva affittato uno studio lontano da Villa Medici ove poteva lavorare in solitudine. Si era immerso nel lavoro ma era sempre sconten­to e pieno di tormenti. Soffriva, soprattutto, per Barbara. Il gruppo, la gloria o la Pa­lombella? Continuare l’Ugolino o lasciare l’Accademia e sposare la Palombella? Gli interrogativi lo tormentavano, ma, alla fine, vinse l’arte.
Barbara lo incoraggiava nei momenti di sconforto. Ma non poté sottrarsi al matrimonio. Cominciarono così i gior­ni tristi. Carpeaux lavorava sul marmo. Barbara soffriva percossa dal marito geloso. Jean Baptiste esponeva con grande successo di pubblico, Barbara era gravemente malata e stava per morire. Era il dicembre del 1861.  
Lo scultore, informato delle gravi condizioni di Barbara, corse a Palombara. Gli occhi spenti di Palombella si illuminarono: "Hai sacrificato il nostro amore alla statua. Non sono ge­losa. Il bambino è nato pochi giorni fa. Abbine cura Gian Battista", furono le sue ultime parole.
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